Guida al restauro

Il rispetto dei singoli veicoli e della loro autenticità dovrebbe essere la base della salvaguardia che ogni cultore, collezionista o professionista del settore ha il dovere di rispettare.

Salvaguardare e preservare significa mantenere un veicolo come è stato fabbricato. Può essere usato, ricevere la manutenzione ed essere tenuto in ordine di marcia e, qualora non lo sia più, deve essere restaurato. In questo caso, però, occorre essere consapevoli del fatto che con un restauro si perde sempre parte dell’autenticità, per questo in un restauro bisogna attenersi al minimo assoluto.

Questa sintetica guida per lo svolgimento del lavoro di restauro si rifà fedelmente e puntualmente alla “Carta di Torino” emanata dalla FIVA – nella quale sono elencati e definiti i principi riguardanti la preservazione, la conservazione ed il restauro dei veicoli storici.

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L’Automotoclub Storico Italiano è l’associazione che rappresenta, promuove e tutela il motorismo storico in Italia, che significa in prima battuta conservare e salvaguardare la storia dei veicoli, comprese la loro tecnica costruttiva, la loro forma, le loro funzioni e storie documentate e le loro molte e varie relazioni con la società e gli ambienti sociali.

Per “patrimonio storico” si intende tutto quell’insieme di concetti, idee, progetti e realizzazioni finalizzate alla costruzione di un veicolo a motore (auto, moto, aerei, natanti, veicoli di utilità, ecc.) che, superando la barriera della vetustà, dell’interesse e della curiosità, diviene nel tempo un Bene Culturale di interesse generale.

Nella storia dei veicoli a motore non dovrebbero esistere quelli belli o brutti, così come non dovrebbero esistere veicoli importanti, meno importanti o di nessuna importanza. Nel concetto storico esiste semplicemente “il veicolo a motore”. Il vero patrimonio non è limitato agli oggetti definiti “usualmente importanti”. Anche perché, chi o cosa li definisce tali? Una situazione contingente e temporale? Una ricerca spasmodica di un determinato modello? Una moda?

Questo bene appartiene a tutti ed abbiamo il dovere di conservarlo, di valorizzarlo e di trasmetterlo ai posteri, integro, ma soprattutto veridico; perché, in caso contrario, un documento manomesso non sarebbe per i posteriori fonte di verità.

Il rispetto dei singoli veicoli e della loro autenticità dovrebbe essere la base della salvaguardia che ogni cultore, collezionista o professionista del settore ha il dovere di rispettare. Rispettare per conservare, rispettare per valorizzare.

 

Sarebbe auspicabile che ogni veicolo fosse conservato nella sua interezza, nella sua originalità. Per sua stessa natura, però, il “mezzo semovente” nasce per essere utilizzato e come tale subisce un’usura, più o meno forte, connessa con il suo impiego nell’uso quotidiano. In caso di ripristino o di restauro è necessaria la sensibilità dell’operatore nel salvare, ricondizionare o all’occorrenza rifare, ma sempre nel rispetto dell’autenticità, della forma, dei materiali e delle tecniche.

Occorre essere consapevoli del fatto che con un restauro si perde sempre parte dell’autenticità, per questo in un restauro bisogna attenersi al minimo assoluto.

Questo manuale vuole essere una guida per lo svolgimento del lavoro di restauro e si rifà fedelmente e puntualmente alla “Carta di Torino” emanata dalla FIVA – nella quale sono elencati e definiti i principi riguardanti la preservazione, la conservazione ed il restauro dei veicoli storici.

Se la conservazione dei veicoli storici contribuisce ad accrescere il patrimonio culturale dell’umanità, così come il loro utilizzo ed il mantenimento delle caratteristiche di origine, è opportuno soffermarsi ad analizzare i processi utili a questi scopi: la preservazione, la conservazione ed il restauro.

Tanto il relitto di un veicolo d’epoca quanto il frammento di una scultura classica costituiscono, ciascuno nel proprio campo, un bene culturale, cioè una testimonianza dell’opera dell’uomo nell’epoca in cui l’ha creato: devono quindi essere oggetto di pari rispetto, studio e valorizzazione.

Ogni bene culturale ed ogni opera d’arte nasce con una precisa funzione, spesso è di natura essenzialmente estetica per cui è sufficiente un approccio di tipo contemplativo. Per altri, come per i veicoli a motore o gli strumenti musicali, l’aspetto estetico è paritetico, o addirittura inferiore a quello funzionale. Solo l’uso di questi veicoli e dei meccanismi che li compongono possono darci un’immagine completa dell’epoca e della cultura in cui essi sono stati concepiti.

Di qui sorge un’esigenza pratica specifica, quella del loro mantenimento in funzione, in condizioni il più possibile simili a quelle che avevano da nuovi, accettandone, evidentemente, anche limiti e carenze rispetto ai prodotti attuali.

Prima di ogni altra cosa è indispensabile impadronirsi di una buona conoscenza sulle tecnologie impiegate al tempo in cui il veicolo fu concepito, comprendente i principi di funzionamento dei suoi diversi componenti, i materiali impiegati, i metodi di fabbricazione e le regole e le consuetudini d’impiego del veicolo.

Una particolare attenzione deve essere anche posta all’interpretazione dei disegni, le cui regole di rappresentazione sono universali e comprensibili senza la necessità di conoscere più lingue in modo approfondito.

Preservare significa tenere lontano da un pericolo, da un danno, proteggere, difendere. Tutto ciò significa che per preservare un veicolo storico bisogna adottare alcuni accorgimenti, il primo dei quali è custodirlo in un posto protetto dagli agenti atmosferici, meglio ancora se attrezzato per le piccole riparazioni e per la conservazione di parti smontate e di ricambi.

Il maggior nemico di un veicolo, i cui componenti sono quasi essenzialmente metallici, è l’umidità. La ruggine non è la sola nemica da combattere; l’acqua è deleteria anche per altri aspetti: essa infatti fa gonfiare il legno e fa ammuffire le pelli e i tessuti degli interni.

Altra cosa da evitare è la presenza nel luogo di conservazione del veicolo di microrganismi ed animali: dalle tarme, ai topi, i quali possono erodere, mangiare o nidificare, danneggiando a volte irreparabilmente parti del veicolo che magari sono di difficile o impossibile reperibilità.

Gli escrementi degli uccelli poi, hanno un fortissimo potere corrosivo.

 

Ulteriore fonte di danno è la luce, in particolare quella diretta del sole con i suoi raggi ultravioletti. Essi sono deleteri per la vernice, per le guarnizioni di gomma e per i tessuti.

Infine, sarebbe opportuno proteggere il veicolo da urti o cadute accidentali di oggetti, quindi bisogna evitare di posizionarli vicino a luoghi dove passino persone che trasportano oggetti ingombranti o sotto la verticale di oggetti sospesi. Sarebbe buona cosa ricoprire il veicolo con un telo o meglio ancora con un lenzuolo di cotone morbido, che rispetta di più la verniciatura della carrozzeria.

Le lunghe soste possono danneggiare gli pneumatici e i cuscinetti delle ruote; per questo è raccomandabile sollevare le ruote da terra mediante cavalletti. Analogamente, è importante ripristinare periodicamente la carica delle batterie.

La conservazione di un veicolo prevede degli interventi che hanno tutte le caratteristiche di una manutenzione ordinaria. Ad esempio, è opportuno applicare in zone della carrozzeria o del telaio particolarmente corrose una protezione antiruggine, ingrassare le cinghie e le parti meccaniche al fine di evitare grippaggi e quindi il blocco delle parti mobili. Nelle auto aperte, mai dimenticare il mantice in posizione ripiegata.

Frequente è l’incollaggio delle fasce elastiche alle pareti del cilindro, a cui si può ovviare facendo fare, ogni tanto, qualche piccolo movimento spingendo il veicolo con una marcia alta inserita o con la manovella.

Se il motore è funzionante, bisogna avviarlo periodicamente, controllando tutti i livelli.

È buona norma, se il veicolo deve rimanere a lungo fermo, metterlo su cavalletti bassi in modo che gli pneumatici, ben gonfi, sfiorino soltanto il terreno evitando di ovalizzarsi.

Gli interni in stoffa vanno ricoperti e trattati con prodotti antitarme, mentre quelli in pelle vanno trattati con opportune creme per mantenerne la morbidezza.

Controllare sempre le parti elettriche cercando di evitare le ossidazioni dei contatti

Ove sia presente, provvedere ad un costante controllo/ricarica della batteria, ricoprire i contatti con vasellina filante, o sostituirla periodicamente, nell’ambito di quella manutenzione che è indispensabile per la conservazione del veicolo.

Il restauro viene definita come un’operazione più o meno invasiva che si propone di riportare il più possibile il veicolo alle sue condizioni originali affinché possa essere messo in strada e muoversi autonomamente. Le eventuali ricostruzioni finalizzate alla messa in strada del veicolo siano coerenti con le tecnologie e i materiali impiegati al momento della produzione.

Prima di iniziare la ricostruzione di una parte, è consigliabile cercare eventuali ricambi, operazione oggi non molto onerosa servendosi di internet e delle inserzioni sulle riviste specializzate. La conoscenza dei disegni originali è essenziale, poiché spesso lo stesso componente è stato adottato da altri costruttori; questa ricerca permette di allargare la ricerca e talvolta di limitare la ricostruzione a piccole opere di adattamento che non alterano l’autenticità del componente.

Anche l’adeguamento al Codice della Strada dovrà avere caratteristiche tali da renderlo il meno invasivo possibile rispetto alle condizioni di origine; è anche buona norma che tutto ciò che inevitabilmente le altera sia removibile.

Spesso si pretende, giustamente, che il restauro abbia carattere totalmente conservativo; un’eccezione può essere ammessa per le parti e gli accessori aggiunti nel corso della vita del veicolo, purché essi stessi abbiano carattere di storicità. Queste parti possono non essere rimosse ed essere anch’esse oggetto di restauro.

E’ molto importante poter conservare testimonianza e documentazione degli interventi precedenti e la loro coerenza con il periodo in cui sono avvenuti.

Infine, è evidente che tutto ciò che non può più essere reperito e la cui mancanza pregiudichi la sicurezza del mezzo, deve essere rimpiazzato con un manufatto che lo possa sostituire, tuttavia, nella piena coerenza con l’aspetto e i contenuti tecnici originali.

Il restauro è un processo volto a sostituire parti ammalorate o mancanti con il proposito di rendere il veicolo fruibile nel suo stato originario. Le aree restaurate devono fondersi con il veicolo, restando tuttavia distinguibili ad un’ispezione più approfondita. Ciò è diverso dalla riparazione, che indica l’adattamento, il rinnovamento o la sostituzione di componenti prevalentemente meccaniche esistenti o mancanti. L’autoveicolo è un bene deperibile per sua natura e in un veicolo storico le riparazioni sono spesso contemplate già nel progetto iniziale e fanno parte della sua storia. Il punto è eseguirle con ricambi originali o con ricostruzioni coerenti con i disegni originali. Qualsiasi cambiamento e modifica ad un veicolo, che siano stati apportati nell’arco della sua vita ordinaria e che abbiano mutato le condizioni dello stato in cui fu originariamente consegnato, costituiscono una testimonianza della storia del veicolo e dovrebbero essere preservati in quanto tali. Di conseguenza, non è sempre necessario restaurare un veicolo storico in modo da riportarlo al suo aspetto ed alle sue caratteristiche tecniche della data di costruzione.

Di conseguenza, non è di regola tassativo restaurare un veicolo storico in modo da riportarlo al suo aspetto ed alle sue caratteristiche tecniche della data di costruzione.

I componenti e i materiali utilizzati per sostituire parti storiche nel procedimento di restauro dovrebbero essere identificati con delle marcature semplici e permanenti, per distinguerli dalla sostanza storica. Questa definizione indica qualsiasi cambiamento e modifica avvenuti nel corso del periodo d’uso di un veicolo, stabilito dalla FIVA in 15 anni: se un veicolo è stato costruito nel 1960, ci si può aspettare che non sia stato più utilizzato regolarmente (oppure rottamato) verso il 1975; si può fare un’eccezione per circostanze speciali, ad esempio prolungando a 20 anni il periodo d’uso.

Qualsiasi modifica ad un veicolo storico resasi necessaria dovrebbe essere integrata in modo discreto e rispettare la struttura e l’aspetto originali. Tali modifiche sono differenziate per la loro rilevanza storica e sono classificate nelle seguenti categorie: modifiche nel periodo (esistono documentazione e conferme che il loro completamento sia avvenuto nel periodo d’uso), modifiche del tipo del periodo (apportate ad un veicolo al di fuori del periodo d’uso, ma di un tipo che veniva utilizzato nel periodo d’uso), modifiche fuori periodo (non utilizzate nel periodo d’uso, oppure fatte utilizzando componenti o tecnologie non disponibili al tempo della costruzione). Queste ultime potrebbero incidere sul valore del veicolo e, a seconda del tipo di veicolo e dei regolamenti nazionali, anche sull’anno di costruzione e/o sull’anno di immatricolazione.

Tutte le modifiche dovrebbero essere reversibili e si raccomanda di conservare insieme al veicolo qualsiasi parte originale importante rimossa in corso d’opera, per consentire un’utilizzazione successiva e per servire come testimonianza della loro esistenza e fabbricazione all’origine.

Le misure conservative hanno l’obiettivo di consolidare i materiali e stabilizzare la condizione attuale del veicolo. Il lavoro conservativo non deve alterare le tracce della costruzione, dell’uso, dell’usura e dell’invecchiamento e neppure quelle di eventuali danni già esistenti, che saranno soltanto stabilizzati ma non rimossi.

Prima di intraprendere qualsiasi operazione di ripristino è bene effettuare una diagnosi dettagliata delle condizioni esistenti. Se possibile, provare il veicolo su strada, rilevando eventuali variazioni rispetto a quanto sarebbe normale per un veicolo perfettamente funzionante.

Questo dovrebbe aiutare ad evitare qualsiasi smontaggio non necessario, che potrebbe infliggere più danni di quelli che ha già subito. In questa fase, è essenziale leggere e comprendere le informazioni disponibili sulle prestazioni originali del veicolo in oggetto, evitando di giudicarlo secondo gli standard odierni.

Tutto ciò consentirà di creare un elenco di lavori funzionali ed estetici e servirà a guidare tutte le operazioni successive, inclusa la valutazione del coinvolgimento di eventuali fornitori esterni. Aiuterà anche a produrre una stima iniziale del costo del lavoro, pur considerando che, con il procedere del restauro, potrebbero sorgere lavori extra imprevisti: magari dovuti ad una iniziale sottovalutazione dei lavori da svolgere e/o a danni rilevati solo durante i lavori e quelli involontariamente effettuati durante l’intervento.

Il caso peggiore è si verifica in presenza di un veicolo non idoneo alla circolazione. In tal caso, sarà richiesta quasi sicuramente una revisione completa. Ovviamente si consiglia una diagnosi preliminare, elencando le parti mancanti e verificando che ogni parte mobile del veicolo (motore, trasmissione, ruote, comandi, porte, ecc…) si muova liberamente.

Durante il restauro, normalmente, sarà necessario rimuovere il motore, così come la carrozzeria ed i vari elementi della trasmissione. Ciò può creare un problema di stoccaggio, poiché un veicolo smontato occupa più spazio di un veicolo in uso. Si consiglia di individuare un responsabile o un coordinatore tra coloro che lavorano al restauro, possibilmente il proprietario stesso del veicolo.

È importante immagazzinare con cura tutte le parti che non richiedono intervento ed in modo siano facilmente recuperabili quando inizia il rimontaggio. Quelle mancanti o danneggiate andranno ricercate attraverso i tanti canali oggi disponibili: collezionisti, club, mostre-scambio, siti internet, ecc…

Lo smontaggio completo di un veicolo che richiede un intervento di restauro abbastanza importante, è una delle fasi più delicate dell’intera operazione, ma deve essere effettuato se si vuole accedere alle parti più a rischio di essere danneggiate, che generalmente non sono visibili dall’esterno.

In generale, lo smontaggio va fatto solo dopo aver ottenuto tutta la documentazione tecnica del veicolo: disegni di assemblaggio, le guide utente, i manuali di manutenzione, i cataloghi e gli elenchi dei pezzi di ricambio. Anche fotografie e opuscoli d’epoca possono essere utili per il restauro degli esterni.

Anche in presenza di manuali e disegni, si consiglia di documentare ogni operazione di smontaggio con fotografie scattate prima e dopo la rimozione di ogni parte da archiviare con opportune note e nell’ordine in cui le parti sono state smontate.

Si consiglia, inoltre, per le parti la cui posizione di assemblaggio non è determinata in modo univoco, di creare schizzi prima della rimozione ed annotare in un apposito taccuino tutte le dimensioni rilevanti.

Realizzare video clip è oggi relativamente facile e rappresenta un’altra preziosa fonte di informazioni, in particolare durante il rimontaggio.

Inoltre, è fondamentale etichettare le parti rimosse e conservarle in contenitori adeguati.

Questa attività può sembrare noiosa, ma sarà molto preziosa quando inizierà la ricostruzione del veicolo. Si consiglia grande cautela nello smontaggio, per evitare ulteriori danni. È quasi inevitabile che le parti gravemente corrose si rompano, tuttavia dovranno essere mantenute come riferimento per gli eventuali ricambi.

Prima di smontare l’impianto elettrico, è importante avere tutti i dettagli dello stesso, compresi lo schema elettrico e l’instradamento dei cavi. Se non si hanno questi documenti si possono creare dei nuovi diagrammi, inclusi i codici colore dei cavi. Verificare che l’isolamento non sia danneggiato. Data l’unicità dei pezzi che vengono conservati ed elencati, sarebbe meglio che tutto fosse custodito in un ambiente protetto e riservato.

È necessario rimuovere un numero sufficiente di componenti per consentire una visione chiara del telaio e/o della struttura della carrozzeria. Qualsiasi corrosione o deformazione, come ad esempio un precedente incidente, può essere identificata e può essere effettuato un eventuale trattamento più adeguato. È raccomandabile, in quest’occasione, ispezionare accuratamente tutte le parti non visibili (scatolati, intercapedini, ecc…) alla ricerca di danni causati dalla corrosione, eventualmente servendosi di fibre ottiche ed evitando di praticare fori di ispezione.

È difficile dare orientamenti generali sul restauro dei motori dei veicoli storici, poiché hanno subito profonde e radicali trasformazioni dalla fine dell’Ottocento al più recente passato. Mentre ci riferiremo a un tipo di motore, che è stato ampiamente utilizzato nei veicoli costruiti tra gli anni ’30 e gli anni ’50, molto di ciò che è scritto può essere utilmente applicato anche ai veicoli più recenti.

Inizialmente, in caso di restauro importante, il motore verrà rimosso dal veicolo per poter essere inviato eventualmente al personale addetto alla revisione e riparazione; il motore deve essere rimosso in un locale dotato di un verricello appropriato. Prima di fare ciò, rimuovere tutti i collegamenti meccanici, elettrici e idraulici che lo uniscono al telaio.

È opportuno contrassegnare tutte le parti rimaste sul veicolo con note sulla loro funzione in modo che possano essere ricollegate correttamente al motore in un secondo momento. Fondamentale scattare foto e creare video clip delle varie operazioni. Normalmente è necessario rimuovere il radiatore e la griglia del radiatore prima di separare il motore; se devono essere ripristinati è opportuno rimuovere anche i parafanghi. Questa operazione permette di aumentare lo spazio disponibile per il lavoro ed eviterà di danneggiare queste parti.

Le capacità tecniche richieste e le attrezzature necessarie sono diverse da quelle di un’officina moderna, dove gli alti costi della manodopera riducono al minimo le riparazioni preferendo la sostituzione dei pezzi. Questo non è il caso del restauro di veicoli storici. Le sostituzioni dirette non sono sempre possibili e talvolta, anche se i ricambi sono disponibili, il loro utilizzo richiede spesso aggiustamenti “creativi”.

Il lavoro sul motore può essere facilitato dall’utilizzo di un apposito cavalletto, che trattiene il motore tramite gli attacchi del cambio: consentirà di svolgere il lavoro successivo in modo ordinato e metodico con il minimo sforzo. Il motore non deve essere appoggiato a terra, perché si rischia di danneggiare i componenti, compresa la coppa e tutte le altre parti fragili come i collettori, la dinamo, il motorino di avviamento, la pompa dell’acqua, ecc…

Solo quando il motore è sul banco, può essere completamente smontato, separando il blocco, la testa, i collettori e gli altri elementi.

Con il motore sul cavalletto va fatta un’analisi del blocco, della testa, dei collettori, dei coperchi per verificare che le fusioni o le piastre metalliche siano ancora integre; generalmente, dopo un’accurata pulizia, sarà sufficiente un’ispezione visiva. Tuttavia, in extremis, l’analisi può essere eseguita utilizzando raggi X non distruttivi o ultrasuoni, a seconda dei casi. Se vengono rilevate crepe, dovranno essere riparate, in genere mediante saldatura, se possibile, o sostituite con un nuovo pezzo di ricambio o parti simili da un veicolo… donatore. Se la spesa è giustificata si può realizzare un nuovo totalmente pezzo.

Le aree chiave del monoblocco sono la superficie della guarnizione della testa, le sedi e le guide delle valvole, i supporti degli alberi a camme e dell’albero motore e in genere tutti gli accoppiamenti soggetti ad usura. In particolare, le superfici dei cilindri devono essere ispezionate per vedere se un uso prolungato e la corrosione le abbiano ovalizzate o incavate. Potrebbe essere necessaria una rilavorazione che inevitabilmente aumenterà la dimensione dei fori. Sarà necessario verificare se c’è ancora abbastanza materiale disponibile per consentire l’asporto di materiale e l’utilizzo di pistoni della taglia successiva e se questi sono disponibili. Ovviamente è necessario conoscere le dimensioni e le tolleranze dimensionali di queste parti.

I cuscinetti di banco, i cuscinetti dell’albero a camme e l’allineamento dei centri potrebbero riservare brutte sorprese.

Le superfici delle camicie non devono essere solo cilindriche ma anche trattate per trattenere il lubrificante; questo può essere fatto manualmente con uno strumento regolabile, normalmente presente in un’officina. La superficie della guarnizione tra testata e monoblocco e, in generale, di tutti i coperchi dovrà probabilmente essere raschiata e livellata. È necessario utilizzare un materiale di guarnizione moderno.

Anche se sono disponibili parti originali dell’epoca, il loro utilizzo, in questo caso, non è consigliato, a causa del tempo trascorso dalla produzione. Molte aziende specializzate forniscono una gamma di guarnizioni intercambiabili per i modelli più diffusi. Se non sono disponibili, possono essere realizzati tagliandoli da un foglio, adattato alla forma dei piani di appoggio. Se la rilavorazione della superficie di accoppiamento dovesse richiedere la rimozione di una notevole quantità di materiale, sarà necessario utilizzare i servizi di un’officina specializzata in alesatura e spianatura di testate e blocchi cilindri.

Dopo aver rimosso le valvole e le guide valvole, è necessario verificare lo stato delle superfici di accoppiamento. In particolare, potrebbe essere necessario rettificare le sedi delle valvole. Se il gioco tra la valvola e la sua guida è eccessivo, quest’ultima deve essere sostituita. Se lo stelo della valvola non è diritto, deve essere raddrizzato utilizzando una pressa. Successivamente, la valvola e la sua sede devono essere sempre rettificate insieme. La flessione delle molle delle valvole sotto carico deve essere controllata; se sono deformate in modo permanente, devono essere sostituite.

La geometria dell’albero a camme deve essere controllata per assicurarsi che rientri nelle tolleranze consentite. Probabilmente bisognerà sostituire le boccole e i perni, dopo un eventuale raddrizzamento. Le superfici delle camme possono essere usurate o danneggiate dalla ruggine; anche un vecchio pezzo di ricambio è molto probabile che presenti problemi di ossidazione. Occorre quindi avere il disegno del profilo della camma e inviare il pezzo ad un’officina specializzata per poterlo riprofilare, se possibile, dopo aver aumentato il profilo con l’aggiunta di metallo duro. Al momento del rimontaggio è opportuno disporre di un diagramma degli angoli di fase.

Le guarnizioni di tenuta presentano sempre notevoli imprevisti e criticità; le guarnizioni piane non sono mai riutilizzabili dopo lo smontaggio e dovranno essere sostituite con ricambi compatibili o ricostruite, ricopiando quelle preesistenti, che dovranno quindi essere conservate per quest’operazione anche se danneggiate. Le guarnizioni a cartuccia (pompa acqua, paraolio, ecc.) sono ricambi difficilmente reperibili e quando lo sono, visto il tempo trascorso dalla costruzione, non sono raccomandabili per l’uso; occorre allora adattare componenti moderni compatibili.

Dopo la rimozione dell’albero motore, ogni foro di lubrificazione deve essere meticolosamente pulito; valutando l’usura del componente; controllare se ci sono striature sui perni di manovella e se questi sono ovalizzati a causa dell’uso prolungato. Oltre certi limiti dovuti a questi difetti, i perni devono essere rettificati, tenendo conto della riduzione del loro diametro nella scelta dei nuovi cuscinetti. Le bielle sono soggette alla stessa procedura, in particolare la superficie di accoppiamento con il cuscinetto e lo spinotto.

Dopo l’ispezione dei vari alesaggi dell’albero motore e degli alberi a camme, i cuscinetti ed i pistoni originali devono essere sostituiti se necessario con altri di dimensioni maggiori in modo che soddisfino il gioco corretto. Le misure sono normalmente riportate nei disegni e nei manuali di riparazione: se non viene riportato tale dettaglio si possono utilizzare i dati di altri motori dello stesso costruttore, purché coevi o costruiti con materiali simili.

I cuscinetti possono essere ricostruiti o adattati a quelli simili. Questa procedura si applica più di rado ai pistoni perché più difficile e costoso ricostruirli. Ecco perché si consiglia di stimare adeguatamente tutti i lavori per decidere se e come procedere. Una soluzione, spesso possibile, è quella di inserire camicie nel monoblocco, per consentire l’utilizzo dei pistoni esistenti.

Per quanto riguarda la pompa dell’olio, un utilizzo prolungato può aver aumentato i giochi tra gli ingranaggi e la carcassa, riducendone la capacità di pompaggio; se le superfici laterali degli ingranaggi e le pareti della carcassa su cui poggiano non risultano danneggiate, i giochi possono essere riportati ai valori iniziali regolando le superfici di appoggio delle due parti della carcassa. Dopo la ricostruzione sarà opportuno controllare la portata e la pressione dell’olio su un banco, ruotando la pompa con un motore elettrico; la pressione può essere riportata al valore richiesto cambiando la molla della valvola di pressione con altre di diversa rigidità.

I componenti del sistema di accensione sono piuttosto difficili da riparare. Anche l’utilizzo di ricambi originali non sempre garantisce il funzionamento dell’impianto.

Il componente più fragile è il distributore: la calotta dello spinterogeno può essere ricostruita pari all’originale con una stampante 3D o, in caso di danni più gravi, nella calotta originale riparata, un sistema elettronico può essere nascosto all’interno. Questi sono spesso disponibili e sono generalmente affidabili e garantiscono specifiche migliorative. La conservazione delle parti originali consentirà loro di essere sostituite se saranno riprodotte in futuro.

Il carburatore è forse la parte più delicata del motore ma, probabilmente, quella che potrebbe aver subito meno danni a causa dell’uso prolungato. Tuttavia, i getti potrebbero essere stati sostituiti con altri più grandi per ovviare all’inevitabile perdita di prestazioni del motore, o addirittura essere sostituiti con altri per aumentare la potenza o per il mancato ritrovamento degli originali. Potrebbe capitare che gli elementi sostitutivi abbiano anche un valore storico. In tal caso, potrebbero essere conservati, anziché sostituirli con gli originali se fossero disponibili anche questi.

In linea generale, i punti su cui focalizzare l’attenzione trattando un carburatore sono il getto principale, quello per arricchire la miscela all’avviamento del veicolo e quello del minimo.

Le dimensioni vanno confrontate con quelle previste e, se possibile, si devono ottenere i getti corretti.

Inoltre, è utile controllare la sede valvola del galleggiante e, se necessario, sostituirla o ripararla.

Controllare il gioco dell’albero della farfalla nella sua sede. Se il movimento è eccessivo, l’allentamento può essere ridotto rifacendo la boccola.

Quando si rimonta il carburatore, la guarnizione della camera del galleggiante deve essere sostituita per evitare pericolose perdite di carburante. A meno che l’alimentazione del carburante non sia del tipo a gravità, una buona soluzione che permette di facilitare l’avviamento dopo un lungo periodo di inattività potrebbe essere l’installazione di una pompa elettrica, non visibile da qualche parte nella linea del carburante. Si consiglia inoltre di installare un filtro del carburante per raccogliere i sedimenti che continueranno a uscire dal serbatoio, anche dopo un’accurata pulizia.

Questi accessori non intaccano il valore storico del veicolo ma ne facilitano l’utilizzo. Se l’originalità è un requisito fondamentale, le aggiunte possono essere sempre rimosse in qualsiasi momento.

Tutti i tubi in gomma vanno sostituiti con materiali moderni dello stesso colore, perché quelli originali possono essere danneggiati dall’alcool (etanolo) che oggi è presente nella benzina. Il setup del carburatore (minimo e aria secondaria) può essere regolato durante la prima prova su strada.

Al rimontaggio, si suggerisce di rispettare la finitura originale, ove possibile, senza uso eccessivo di cromature o vernici speciali fuori epoca.

Un po’ di pazienza e un programma di grafica possono aiutare a ricostruire anche le etichette. In caso di smarrimento, possono essere ricavati dalle immagini di quelli originali.

Il cambio viene solitamente rimosso dal veicolo insieme al motore e successivamente separato da esso e dalla frizione. Lo stesso banco utilizzato per smontare e rimontare il motore può essere utilizzato per il cambio. Una volta rimossi tutti gli ingranaggi all’interno della scatola vanno puliti e ispezionati.

Gli ingranaggi dentati sono molto sollecitati, poiché oltre ad essere utilizzati per la trasmissione del moto, subiscono anche l’usura dei cambi marcia. Se i danni sono lievi, possono essere riparati; altrimenti l’ingranaggio dovrà essere ricostruito o sostituito. Un altro punto su cui concentrarsi è la superficie dei denti e l’innesto della trasmissione diretta: non deve presentare striature, solchi o avvallamenti. Se ci fossero, l’ingranaggio deve essere sostituito.

Anche l’albero primario può essere usurato, il che richiederà la sostituzione o la ricostruzione della parte specifica. Lo stesso vale per il volano.

I cuscinetti a sfera devono essere controllati per il gioco radiale e assiale; in caso di dubbio possono essere sostituiti con altri simili.

I rebbi delle forcelle del cambio sono la parte finale soggetta ad usura: le loro estremità si usurano rapidamente una volta che il trattamento di indurimento viene consumato. La loro ricostruzione non è particolarmente difficile. Al rimontaggio, tutte le guarnizioni devono essere sostituite, così come i paraolio degli alberi.

Per rimuovere una frizione tradizionale è necessario un semplice attrezzo per mantenere la compressione della molla durante la rimozione dello spingidisco.

Il materiale di attrito è solitamente l’unica parte che deve essere sostituita, quando lo spessore risulti troppo limitato a causa dell’usura. Successivamente, è necessario riequilibrare il disco frizione completo: ciò può comportare l’uso di una mola per rimuovere il materiale in eccesso. Prima di rimontare, si consiglia di pulire la superficie del volano e il coperchio della frizione. Probabilmente sarà necessario sostituire il cuscinetto di rilascio.

Per quanto riguarda l’albero di trasmissione, dopo lo smontaggio e la rimozione di eventuali danni (ammaccature, distorsioni) sarà necessario controllarne il bilanciamento prima del rimontaggio.

Assale anteriore e sterzo: Dopo aver rimosso l’asse anteriore dal telaio, si consiglia di smontare le molle a balestra e i fusi a snodo. Le balestre possono subire corrosione, che necessita di essere pulita e le lamelle lubrificate in quanto devono scorrere liberamente l’una sull’altra.

Le singole foglie possono essere rotte. In questo caso devono essere sostituite assicurandosi che siano costruite utilizzando lo stesso acciaio dell’originale. È importante che le foglie delle balestre destra e sinistra abbiano la stessa curvatura. Ciò significa che, una volta che siano appoggiate su una piastra di livellamento, la parte superiore della curva si trovi alla stessa distanza dalla piastra di livellamento stessa.

La balestra assemblata viene sottoposta allo stesso controllo, per garantirne il corretto allineamento. Infatti, non solo l’inclinazione laterale della carrozzeria, ma anche l’angolo di incidenza, che è responsabile del ritorno dello sterzo, dipendono dall’inclinazione dell’assale rispetto al telaio.

Prima di rimontare l’assale, è necessario verificare se i due perni dei fusi a snodo sono complanari nonché il valore o il loro angolo di incidenza rispetto alla mezzeria dell’auto. Se l’asse si è deformato a causa di un impatto, può essere eventualmente raddrizzato utilizzando una pressa. Al rimontaggio della barra di accoppiamento è necessario verificare il valore di convergenza delle ruote anteriori, in modo che sia conforme alle specifiche del costruttore.

La scatola dello sterzo deve essere rimossa e pulita per verificare se la vite e la ruota sono in buone condizioni; se il gioco è eccessivo, devono essere sostituiti o ricostruiti. Inoltre, deve essere controllato il gioco dei cuscinetti sulle ruote e scatola sterzo e, se necessario, sostituirli.

Le stesse azioni si applicano alle molle a balestra dell’assale posteriore; inoltre, il meccanismo del differenziale deve essere rimosso e completamente pulito. La sostituzione dei cuscinetti dipenderà dall’ispezione del loro gioco. È importante regolare adeguatamente la posizione assiale del pignone del differenziale in modo che i denti possano combaciare; è necessario procedere con attenzione e verificare il risultato ruotando il differenziale sul banco dopo aver verniciato i denti con prodotti colorati abradibili per controllare la correttezza dei contatti.

Si consiglia di controllare molto attentamente l’impianto frenante, perché è un sistema di sicurezza primario. Considerando quanto sia difficile avere il controllo di un veicolo con frenata asimmetrica, si consiglia di sostituire tutte le guarnizioni della pompa e dei cilindri ruota.

Prima dell’installazione delle nuove guarnizioni, le superfici interne della pompa freno e dei cilindri devono essere accuratamente controllate. Se sono presenti ossidazioni o graffi è bene molare o sostituire l’intera parte.

Si consiglia inoltre di sostituire i tubi flessibili che collegano i cilindri delle ruote al tubo rigido sul telaio. Dopo che l’impianto frenante è stato rimontato, deve essere lavato accuratamente utilizzando prodotti adeguati (ad esempio il liquido freni corretto), prima di essere riempito e spurgato.

I tamburi dei freni devono essere misurati per verificare se siano ovalizzati; se necessario, possono essere rettificati al tornio. È probabile che anche le guarnizioni dei freni debbano essere sostituite; i rivetti devono essere posizionati accuratamente, in modo che siano sufficientemente incorporati nel rivestimento. Al rimontaggio è necessario regolare la posizione delle ganasce, in modo che i giochi siano conformi ai valori prescritti al rilascio del pedale.

Le auto storiche di inizio ‘900 avevano ruote in legno tipo artiglieria: o si ha la fortuna di trovarle, oppure bisogna trovare un buon artigiano che le possa riprodurre nelle parti danneggiate. Per le ruote a raggi, alcuni marchi di antica tradizione (come Borrani in Italia, attiva dal 1922) hanno conservato la produzione e l’archivio e ancora oggi dispongono di un catalogo molto ampio per le vetture storiche.

Si possono trovare anche riproduzioni di ruote a raggi tipo Whitworth, utilizzate soprattutto su auto da corsa, di ruote bimetalliche come quella della Lancia Aurelia B20 e di cerchi in lega. Fortunatamente oggi non è difficile trovare la ruota giusta, così come non è così difficile lo pneumatico adatto, almeno per le misure più diffuse.

Il numero dei produttori è aumentato, non solo in Italia ma anche all’estero, soprattutto in Inghilterra. Sono disponibili pneumatici a tallone, pneumatici a spalla dritta o pneumatici per cerchioni di quasi tutte le dimensioni. Purtroppo, a causa della bassa produzione, i prezzi sono generalmente alti.

Fortunatamente, ci sono ancora fornitori entusiasti che possono ripristinare gli strumenti. Nel caso più disperato di quadrante rotto o completamente sbiadito, con una buona macchina fotografica e un programma di elaborazioni di immagini è possibile riprodurne uno nuovo partendo da un esemplare fortunatamente sopravvissuto. Allo stesso modo, ci sono specialisti in grado di riparare il rivestimento in legno spesso utilizzato per il cruscotto e i rivestimenti delle porte.

Per quanto riguarda le maniglie, le cerniere, gli indicatori di direzione, le cornici dei fari e tanti altri accessori, sono sempre in coppia, e spesso le maniglie sono anche quattro. Se non sono disponibili, i pezzi esistenti possono essere utilizzati come modelli per realizzare riproduzioni. Si può realizzare uno stampo.

Se l’originale è realizzato in Zamak, ottone o bronzo, un artigiano può eseguire una fusione in sabbia. Quando il pezzo originale è in acciaio, è possibile eseguire la fusione a cera persa, ma è piuttosto costosa. La stampante 3D può rivelarsi un pratico aiuto.

Per le luci è ancora più difficile realizzare uno stampo per il vetro o per la plastica. In questo caso è necessario trovare altri collezionisti che abbiano una simile esigenza, in modo da condividere il notevole costo che la ricostruzione comporta.

Va inoltre ricordato che, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, le protezioni metalliche esterne o le finiture come i paraurti, le modanature e le cornici dei fari, avevano vissuto tre periodi quanto all’aspetto esterno: ottone, nichel e cromo.

Poiché l’aspetto esterno dell’ottone è più gratificante ed è più caratteristico per le auto d’epoca, viene spesso commesso un errore utilizzando i pezzi in ottone ai quali è stata rimossa la nichelatura.

Più raramente si trova l’acciaio inossidabile. Nella maggior parte dei casi, quando un’auto d’epoca viene ritrovata dopo anni di abbandono, le superfici di questi materiali vengono ricoperte da uno strato di ossido che è protettivo solo nel caso di rame e alluminio. Pertanto, deve essere rimosso mediante decapaggio. Altri trattamenti come la schiaritura o qualsiasi trattamento termico devono essere eseguiti da professionisti che hanno una buona conoscenza della chimica industriale.

L’interno di un veicolo è una componente essenziale del restauro. Un cattivo lavoro o l’uso di materiale non corretto possono sminuire il buon lavoro svolto all’esterno. Gli interni spesso non riflettevano gli esterni sobri ma erano veri e lussuosi salotti alla pari delle carrozze trainate da cavalli che avevano sostituito.

La struttura del telaio del sedile è cambiata dal legno ai tubi di ferro e plastica stampata. Il telaio era dotato di molle in acciaio e quella era l’unica soluzione per far sentire a proprio agio il passeggero. Se il telaio è in ferro, una volta rimosse tutte le tracce di ruggine, la soluzione migliore è la verniciatura a polvere. L’imbottitura è cambiata dal cotone idrofilo (ovatta), al feltro, alla schiuma ritagliata, ai prodotti rivestiti in schiuma o schiume autopellanti. Il cotone idrofilo e il feltro erano normalmente rivestiti di iuta, materiale vegetale che riduceva il riscaldamento e la sudorazione.

I rivestimenti in pannelli del tetto, inizialmente realizzati in tela tesa su strutture in legno o acciaio, sono stati poi sostituiti da prodotti pressofusi e schiumati. Per fortuna sono ancora disponibili o facilmente realizzabili panni dello stesso tipo di quelli più vecchi. Non è difficile trovare pelli per la riparazione o la sostituzione di rivestimenti usurati, mentre per altri rivestimenti, come i pegamoidi, è meglio trovare sostituti come la finta pelle vinilica.

La difficoltà principale è trovare un sellaio o un pellettiere che conosca i vecchi metodi di lavoro, i tipi di cucitura, la trapuntatura capitonné della pelle e le rifiniture. Questo lavoro richiede anche un certo grado di conoscenza storica. Il trattamento ha bisogno di attenzione nella pulizia e corretta protezione della pelle. È tecnicamente possibile e consigliabile mantenere la patina delle vecchie pelli e stabilizzare la finitura originale per evitare un ulteriore deterioramento.

Un telaio classico ha longheroni e traverse in acciaio, su cui sono fissati il motore, il cambio, la trasmissione, le sospensioni e la carrozzeria. Dopo un’accurata pulizia, la prima cosa da verificare è la corretta posizione di tutte le staffe di fissaggio: in particolare le staffe di fissaggio della sospensione in quanto sono responsabili del corretto allineamento del veicolo.

Verificare anche quelle della carrozzeria, in quanto rischiano di cigolare se disallineati e sarà difficile aprire e chiudere le porte. È quindi importante avere le misure per conoscere il corretto layout. Per controllare queste posizioni dovrebbero essere sufficienti una superficie perfettamente orizzontale e un metro a nastro. Qualsiasi deformazione potrebbe essere stata causata da un urto o da una posizione errata che è stata lasciata per molto tempo. Tali difetti devono essere rimossi utilizzando attrezzature di trazione, normalmente reperibili in un’officina specializzata nel restauro di auto storiche. Verificare l’integrità delle chiodature sottoponendo il telaio a torsione e, se necessario, ricostruirle secondo il disegno e il processo originale; evitare la sostituzione con saldature o bulloni.

Le capacità di un artigiano specializzato nella realizzazione di cornici in legno sono diverse da quelle di un normale falegname. Una specifica conoscenza delle tecniche costruttive del serramento in legno, che variano a seconda dell’anno di fabbricazione e dei luoghi da cui provengono, è richiesta se la struttura deve essere realizzata esattamente come quella originale. Il produttore del telaio in legno deve anche conoscere il materiale che vuole utilizzare (legno stagionato, duro, elastico e, se possibile, privo di nodi) e non deve soffrire di umidità (ontano, frassino, faggio e olmo).

Nella scelta della tipologia da utilizzare, il falegname cerca di sfruttare le caratteristiche specifiche di ogni legno e le combina per ottenere la migliore resa a seconda della funzione che il legno deve svolgere nel telaio. Se è necessario inserire le viti, ad esempio nelle cerniere, si utilizzano legni più duri come l’olmo e il frassino in modo da evitare che le viti si allarghino in sede per usura e per la necessità di non aumentare le sollecitazioni. Se non c’è tale esigenza, ma sono necessarie specie di legno più resistenti alla putrefazione e indeformabili, si usa il legno di piante che hanno quelle caratteristiche perché crescono sulle rive dei corsi d’acqua, come l’ontano e il larice.

Anche le tipologie di giunzioni che collegano le parti in legno del telaio cambiano a seconda dell’auto da restaurare. Ad esempio, in alcuni tipi di auto (come Weymann rivestite di pegamoide), i giunti non devono essere rigidi, poiché devono essere lasciati muovere leggermente perché il telaio stesso si flette quando è in movimento. Quindi, in un telaio di legno, non c’è traccia di quelle giunzioni rigide chiamate “coda di rondine”, che sono state di grande prestigio nella lavorazione dei mobili in legno negli ultimi secoli. Le scocche in legno, infatti, dovrebbero essere separate dal telaio mediante feltri o inserti in gomma (per attrito e rumore), anche se fissati al telaio e al parafiamma mediante bulloni.

Oltre alla colla, vengono spesso utilizzati anche giunti ad incastro del tipo mortasa e tenone per tenere insieme le parti e chiodi di legno chiamati tasselli, ricoperti di colla e inseriti in fori appositamente realizzati. In origine questi chiodi, di legno piuttosto tenero (chiamati nella vecchia Torino i “burroni” – grossi blocchi di burro -) erano prodotti dall’allestitore; spesso questo era il primo lavoro affidato a giovani apprendisti, che dovevano essere abbastanza esperti per affilare una matita con lo scalpello. La sezione di questi tasselli era quadrata e andava decrescente verso la punta, quindi i chiodi di legno avevano la forma di un tronco piramidale: il legno più duro su cui erano martellati li rendeva tondi.

Lo spessore del telaio deve tener conto delle forze a cui sarà sottoposto, ma deve tener conto anche dello spessore della lamiera che lo ricoprirà. Va ricordato che il telaio in legno deve essere abbastanza robusto da sostenere il carico delle finiture interne dell’abitacolo compresi i sedili, i rivestimenti interni, i pannelli delle porte, ecc. In ogni caso, devono essere ricopiati i tipi di unione originali o, se non fossero più disponibili, riprodotti seguendo i disegni del costruttore.

La capote è una parte molto complessa dell’auto, che richiede una notevole abilità e conoscenza delle strutture originali da sostituire o rielaborare. Il tappezziere dovrà lavorare a stretto contatto con gli altri artigiani, per riparare o ricostruire il telaio, normalmente di acciaio o legno. Ancora una volta, avere o essere in grado di fare un disegno del meccanismo del telaio è importante, poiché la struttura è abbastanza complicata.

Fortunatamente, il rivestimento sostitutivo è relativamente facile da individuare, incluso il “becco d’anatra”, che in genere comporta due strati di cotone che racchiudono uno strato impermeabile di gomma. Sui veicoli anteguerra, i dettagli o le rifiniture potevano essere realizzati in vimini e guaina dermoide o pegamoide, quindi marcivano facilmente; oggi possono essere sostituiti con polietilene o materiale in similpelle vinilica.

È importante, nel caso in cui siano sostituiti in tutto o in parte i teli, calcolarne le dimensioni, tenendo conto della loro elasticità diversa dall’originale, per evitare sia le difficoltà di chiusura di un mantice troppo striminzito che le grinze di un mantice troppo abbondante. La ricostruzione delle guarnizioni di gomma può essere fatta, tagliando spezzoni da profilati indefiniti uguali agli originali, abbastanza facilmente reperibili sul mercato.

Le precedenti considerazioni applicate ai tecnici valgono anche per i carrozzieri moderni. Non esiste più una tradizione di riparazione, ma di sostituzione. A maggior ragione se è difficile trovare il pezzo mancante o deteriorato. Il caso peggiore è la corrosione dei brancardi (membri inferiore) che è il naturale ricettacolo di eventuali infiltrazioni d’acqua, data la sua posizione.

C’è anche da dire che, in passato, all’interno dei brancardi non c’erano protezioni contro la ruggine. Occorre in primo luogo ispezionare accuratamente le parti, evitando di praticare fori ma impiegando fibre ottiche. In presenza di corrosione e se non è possibile ottenere un sottoporta di ricambio adatto, sarà necessario ripararlo o ricostruirlo. Questo può essere fatto solo da un operatore, il battilastra, esperto nella lavorazione e formatura manuale della lamiera.

I “rattoppi” possono essere utilizzati ma preferibilmente in piccole quantità e solo dove non è possibile la ricostruzione del foglio danneggiato. È anche estremamente importante che il battilastra sia a conoscenza della tecnologia dei materiali perché potrebbe aver bisogno di utilizzare diversi tipi di fogli, più o meno malleabili e di vario spessore: da 0,6 a 0,9 mm. Inoltre, sono disponibili anche carrozzerie superleggere in lamiera di alluminio di spessore variabile da 0,9 mm a 1,2 mm. Il modo in cui vengono saldati è ancora più impegnativo perché l’alluminio fonde a una temperatura inferiore alla metà dell’acciaio ed il suo colore non cambia all’aumentare della temperatura, quindi non fornisce un riferimento all’operatore.

Infine, nel restauro di un veicolo risalente ai primi trent’anni del secolo scorso, ovvero “ancetre”, “veteran” o “vintage”, il battilastra potrebbe necessitare di una consulenza specialistica quando la carrozzeria è in legno rivestito da lamina di metallo.

Si può sostenere che un’auto sia come una donna, quindi la pittura è, allo stesso tempo, l’abito e il trucco usati per apparire in pubblico. Ma nel tempo questo trucco è cambiato più volte, sia nei materiali, sia nelle tecniche di applicazione.

All’inizio sono stati utilizzati gli stessi materiali e le stesse tecniche delle carrozze. Sono state utilizzate polveri colorate miscelate con olio di lino, spalmate a pennello in ambienti puliti. Venivano stese oltre dieci mani di vernice ed i tempi di essiccazione all’aria erano molto lunghi.

Dopo la prima guerra mondiale, l’avvento della vernice nitro cellulosica, molto liquida perché spesso diluita fino al 70-80%, consentì l’uso di pistole a spruzzo. Ciò ha comportato una notevole riduzione dei tempi di lavorazione perché bastavano pochi minuti per asciugare la vernice tra le 4/5 mani, sebbene fosse comunque necessaria la lucidatura finale. Questa si otteneva sfregando meccanicamente la superficie e utilizzando paste abrasive sempre più fini.

Poco prima della seconda guerra mondiale, le vernici sintetiche hanno risolto questo problema, sebbene gli smalti dovessero essere essiccati in un forno. Mentre Ford si concentrava sul nero, originariamente perché il tempo di asciugatura più rapido si adattava al ritmo delle linee di produzione, General Motors riteneva che i consumatori avrebbero apprezzato una gamma di colori più ampia e introdusse la vernice “Duco” per raggiungere questo obiettivo.

Gli anni ’30 videro l’introduzione di finiture metallizzate utilizzando vere e proprie squame di pesce. Poiché per un chilo di vernice erano necessarie circa 40.000 aringhe, il costo era elevato.

Negli anni ’50 sono seguiti rivestimenti acrilici che hanno dato una finitura resistente e lucida. Negli anni ’70, le case automobilistiche europee e giapponesi hanno sviluppato sistemi di verniciatura acrilica a due componenti, nonché finiture di vernice a scaglie di metallo molto popolari negli Stati Uniti.

Negli anni più recenti, la preoccupazione per l’ambiente ha portato a normative che limitano o vietano l’uso di solventi chimici e portando all’uso di vernici a base d’acqua.

Possono ancora essere utilizzate vernici a solvente, ad esempio per le finiture, ma a bassa dispersione nell’ambiente, quindi con residuo fisso fino al 70% (acrilici U.H.S.). Inoltre, oggi la verniciatura è soggetta alla normativa sulla sicurezza. Ciò significa che è molto difficile applicare i materiali e la tecnologia del passato, in particolare quelli utilizzati nei primi anni del 1900.

La legge in genere consente violazioni minori per quanto riguarda le auto d’epoca, ma la difficoltà principale sta nel trovare il tipo di vernice originale. Alcune sostanze sono assolutamente vietate per motivi ecologici, quindi è necessario raggiungere un compromesso.

Tecniche e materiali applicativi possono non essere gli stessi dell’epoca, ma è obbligatorio rispettare le regole in merito al risultato estetico. I colori devono essere sempre coerenti con quelli usati al momento in cui il veicolo è stato costruito e la stessa considerazione vale per la superficie che solitamente aveva una lucentezza inferiore a quella a cui oggi siamo abituati.

Le idropitture bicomponenti attualmente in commercio essiccano in forno a bassa temperatura (50-60 ° C), evitando così la dura lucidatura delle vernici “nitro”, senza necessità di laccatura. La laccatura deve essere assolutamente evitata nel restauro di auto costruite prima degli anni ’70 a meno che non sia stata fatta in epoca.

L’applicazione di vernici moderne su auto d’epoca deve essere fatta con molta attenzione: prima di tutto, in caso di ritocco, è necessario verificare che la vernice sia compatibile con la vernice del supporto per evitare bolle e fioriture; in secondo luogo, è necessario evitare che il veicolo risulti più lucido di quanto non fosse in origine, per restare in linea con un corretto restauro.

Naturalmente, queste sono linee guida generali ma dovrebbero aiutare a stimolare il verniciatore a essere consapevole della storia e della tradizione. La conoscenza dei periodi storici e del tipo di vernice utilizzata in quel periodo aiuterà a evitare errori nel ritocco della finitura, in modo che l’aspetto dell’auto rimanga lo stesso dell’originale.

Quando si ritoccano auto riparate, è preferibile rimuovere la vernice meccanicamente, non mediante sverniciatori; quindi è necessario carteggiare, preparare e ridipingere almeno fino al bordo del pannello. Se è necessario un restauro completo, la soluzione migliore è la carteggiatura e la preparazione utilizzando primer epossidici. I restauri migliori sono quelli in cui è utilizzata la quantità di stucco e stagno inizialmente prevista dal costruttore.

Nel corso della storia, i colori sono diventati sempre più importanti per differenziarsi ed essere parte integrante del design del veicolo. La precisione dei colori sui veicoli appena usciti di fabbrica non era così precisa come lo oggi.

La corrispondenza dei colori è avvenuta in base alla qualità delle materie prime disponibili, in particolare i pigmenti. Le condizioni di produzione in fabbrica non hanno sempre portato a una riproduzione esatta del colore per ogni lotto. I colori erano e sono ancora diversi in base al produttore e alla regione. Gli esempi includono i colori americani molto più “innovativi” negli anni ’50, mentre i colori europei tendevano ad essere più tradizionali.

Il numero di tutti i colori visti sui veicoli dal 1888 non è noto con esattezza, ma si stimano superiori a 250.000. Sfortunatamente, prima del 1950 molte informazioni sui colori andavano perse o non erano sufficientemente documentate. Aziende specializzate stanno ampliando le proprie conoscenze in base al produttore, al modello del veicolo, all’anno di produzione e al gruppo di colori: i database sono in costante crescita.

Nel restauro completo di un veicolo classico è importante identificare il corretto colore dell’epoca, poiché questo è oggi un fattore importante per valutare l’aspetto e il valore del veicolo. In caso di riparazione, la corrispondenza dei colori deve essere conforme alla tonalità di colore del veicolo e dell’area di riparazione.

Molto spesso i veicoli sono stati riparati, riverniciati o il colore è cambiato nel corso degli anni (alla luce del sole, ad esempio). È fondamentale adattare il colore alle sfumature di colore che circondano l’area da riparare. Questo rende qualsiasi riparazione un processo totalmente individuale. Non ci si può aspettare che tutte le aree di un veicolo classico mostrino la stessa tonalità di colore. Pertanto, esistono diverse tecniche di applicazione e riparazione della vernice, come illustreremo successivamente.

I veicoli sono generalmente costruiti per essere utilizzati e sfruttati, tranne i pochi che hanno un potenziale collezionistico sin dalla loro costruzione.

La fase media di utilizzo/durata di un veicolo è stimata in circa 15 anni. Praticamente nessun costruttore prende misure per estendere il ciclo di vita a 30 o più anni. La conseguenza è che i veicoli vengono riparati o riverniciati durante la loro fase di utilizzo. Dopo quella fase vengono demoliti, immagazzinati o tenuti in vita da un collezionista. Pochi continuano ad essere usati quotidianamente. Pertanto, un veicolo che conserva ancora la vernice originale è estremamente raro.

Questo è il motivo per cui i lavori di verniciatura su un veicolo storico sono molto diversi rispetto alle riparazioni su un veicolo nuovo: ogni veicolo ha la sua storia e le condizioni della vernice la raccontano. La conservazione della sostanza storica è fondamentale, ma il termine sostanza storica può essere inteso in modo molto diverso.

Fino a circa dieci anni fa, la finitura della vernice sui veicoli classici era praticamente un problema di lucentezza elevata e superiore (migliore del nuovo). Attualmente, come sostenuto dalla Carta di Torino della FIVA, la gamma richiesta di lavori di verniciatura è stata estesa da “migliore del nuovo” a includere “riparazioni cosmetiche” in un modo da riconoscere la conservazione della finitura originale.

L’obiettivo di qualsiasi lavoro di riparazione della vernice è la sua invisibilità. Questo è relativamente facile con i veicoli nuovi, ma la sfida con i veicoli storici è, come con qualsiasi materiale di riparazione, la regolazione per abbinare la vernice invecchiata.

Le riparazioni della vernice non sono di solito causate da incidenti, ma da danni dovuti alla corrosione o semplicemente all’invecchiamento. Con le giuste capacità e l’esperienza del verniciatore è possibile valutare le aree di confine tra la vernice invecchiata e quella distrutta. Inoltre, la natura della vernice originale rendeva difficili le riparazioni anche in passato. È necessario comprendere che i sistemi di riparazione della vernice hanno sempre avuto e hanno i loro limiti e sfide tecniche.

Lo spirito della Carta di Torino della FIVA chiede di conservare quanto più possibile la sostanza storica. La vernice invecchiata, ma intatta deve essere mantenuta e non ricoperta.

Le riparazioni della vernice devono essere eseguite sulla zona più piccola possibile. Il materiale di verniciatura utilizzato dipende principalmente dalle esigenze, dalla disponibilità di materiale storico per riparazioni, dalla normativa e dalla persona che ancora sa lavorare con vecchie attrezzature e materiali. È sempre più consueto mantenere e preservare una vernice tecnicamente distrutta o danneggiata che mantiene ancora la sua funzione protettiva.

Esistono solo pochi veicoli che non hanno avuto la vernice riparata durante il loro periodo di utilizzo. Nella maggior parte dei casi sono state eseguite una o più riparazioni. Le riparazioni della vernice spesso non sono documentate su quando e dove sono avvenute o con quali prodotti di riparazione utilizzati. Un indicatore per la riparazione della vernice può essere il diverso spessore degli strati, differenze di colore, inclusioni di polvere, ecc.

È necessario decidere se la vecchia vernice è in grado di sostenere un’altra mano di vernice. Spessori superiori a 500 μm hanno spesso un rischio molto elevato di delaminazione o affondamento di segni di sabbia nel tempo.

Nel caso in cui si utilizzi uno stucco fino a 2000 μm, ciò non può essere critico in termini di durata. Questo non è consigliabile su parti soggette a forti vibrazioni. È necessario individuare il sistema di verniciatura adatto al supporto disponibile, comprese le misure di protezione dalla corrosione. In ogni caso è necessario chiarire se il materiale della vecchia tecnologia di verniciatura è ancora disponibile, se ha senso utilizzarlo e in caso contrario, quale sistema di verniciatura con caratteristiche adeguate può essere scelto.

Il colore deve essere abbinato all’area di riparazione. Pulire e lucidare prima di prendere il punto di riferimento (potrebbe non essere possibile con la vecchia vernice opaca). In molti casi, parti circostanti diverse mostreranno aspetto e colori diversi e sarà necessario trovare un compromesso.

Ciò vale soprattutto per i veicoli classici che sono stati riparati più volte e la corrispondenza dei colori può essere diversa da parte a parte o anche nella stessa parte in caso di riparazioni precedenti. Non utilizzare mai parti di un’altra area del veicolo per la corrispondenza dei colori.

Il livellamento (buccia d’arancia) della vecchia vernice può essere regolato dal verniciatore con un metodo di applicazione. La nitrocellulosa (lucidatura) e il TPA (riflusso) sono generalmente molto uniformi. Durante la produzione dei veicoli, i processi applicativi si sono sviluppati dall’irrorazione manuale all’irrorazione robotizzata fino all’applicazione elettrostatica.

La lucentezza può essere regolata utilizzando un agente opacizzante o speciali tecniche di applicazione. Il mottling (chiazzatura) è simile a un cielo nuvoloso ed è visibile principalmente con vernici metallizzate, anche sui veicoli più recenti. Se le scaglie metalliche non sono allineate, ci saranno più effetti di dispersione ai bordi, che diminuiranno la differenza tra le aree chiare e quelle scure. È possibile riprodurre con una tecnica di applicazione ma è alquanto complessa. L’invecchiamento può essere eventualmente modificato mediante tecniche di patinatura, ma solo in una certa misura.

Argomento molto complesso e un aspetto piuttosto nuovo nel settore della rifinitura sulla base del pensiero della Carta di Torino. Aiuta a prevenire un “aspetto patchwork” su un veicolo usato e dovrebbe garantire che le parti originali possano essere conservate il più a lungo possibile. Questa “patina di regolazione” dovrebbe essere documentata con la storia del veicolo come qualsiasi altro tipo di riparazione.