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ECCO I PRINCIPALI SERVIZI

C’è una vera stella sulla copertina di maggio della Manovella: è la Ferrari 275 GTB appartenuta all’attore hollywoodiano Clint Eastwood. Enigmatico, tenebroso, bello e dannato, Eastwood deve molto all’Italia, soprattutto a un regista, Sergio Leone, che ne fece la star del suo fortunatissimo filone “Spaghetti Western”, una rivisitazione del genere classico che seppe unire e intrecciare le produzioni di Cinecittà con quelle statunitensi, godendone entrambe e portando la reputazione del cinema italiano a vette difficilmente replicate. Eastwood, durante un lungo soggiorno romano per le riprese del film “Le streghe”, apprezza soprattutto le belle ragazze e le belle auto, prime fra tutte le Ferrari. Il produttore Dino De Laurentiis lo sa e decide di fargliene avere una. La scelta ricade su una 275 GTB, all’epoca la più sportiva e lussuosa GT a due posti secchi Ferrari, che viene configurata in un elegante ma fin troppo sobrio Grigio Notte 106-E-28 e, fin dall’origine, dotata di tachimetro in miglia orarie, cerchi a raggi Borrani e i poggiatesta, che completano gli interni rivestiti in cuoio nero VM 8500. È l’esemplare caratterizzato dal n° di telaio 08359, completato nel marzo1966 presso gli stabilimenti di Maranello, poi intestata alla “Dino De Laurentiis Cinematografica”, come attesta il Foglio Complementare, con targa Roma 925721. L’auto, essendo del ’66 inoltrato, rispecchia tutte le caratteristiche delle altre “Muso Lungo” (introdotte sulle vetture di serie a partire dal telaio 07883) con propulsore a due alberi (tipo 213): unità motore 1144/64, tre carburatori Weber 40 DCZ6, accensione a spinterogeno Marelli, lubrificazione a carter umido, 4 freni a disco con doppio circuito, cambio manuale a 5 marce in blocco col differenziale posteriore tipo 563, rapporto al ponte 9:32. Altre caratteristiche peculiari sono i paraurti più alti, il serbatoio sdoppiato ai due lati del bagagliaio, il lunotto più ampio e le cerniere del baule esterne al cofano, rivestite da un guscio cromato.

Finita la lunga tournée italiana, Eastwood torna negli USA e attende la sua Ferrari nel Nevada, dove riceve i documenti americani che ne attestano ancora la sua proprietà. La 275 gli piace molto ma, proprio per questo, è deciso a personalizzarla secondo i suoi gusti. All’epoca, in America, a rendere uniche le automobili dei vip ci pensa George Barris il creatore di vetture star del grande e piccolo schermo come la Lincoln Futura Batmobile, la Dodge Charger Generale Lee e la Pontiac Firebird Trans-Am Kitt. Eastwood, giunto alla Barris Kustom Industries di Los Angeles, vuole sicuramente cambiare colore scegliendo il bellissimo verde scuro ma brillante, con riflessi smeraldo che si accendono solo se sulla carrozzeria riflette il sole. All’interno poi, fa installare un mobiletto per l’impianto ricetrasmittente.

Dopo aver corso come pilota e navigatore, nei primi anni ’70 Daniele Audetto diventò direttore sportivo Lancia per poi approdare alla Ferrari. Sembrava una stagione in discesa, quella del 1976, con quattro GP vinti dalla Ferrari già nel mese di luglio, tre da Lauda e uno da Regazzoni, e dunque con fondate speranze di riconquistare il titolo vinto l’anno prima. Poi capitò l’incidente di Lauda al Nürburgring, 1°agosto.

“Prima dell’incidente il problema più complicato da gestire all’interno della Scuderia era la rivalità fra la Lauda e Regazzoni. Da un punto di vista squisitamente sportivo forse Clay era superiore a Niki, ma l’austriaco era un professionista, mentre lo svizzero era il prototipo del pilota anni Cinquanta, andava ad estro, ad intuito, insomma era più cuore che testa. Lauda era come Jackie Stewart. Pianificava tutto. Aveva il preparatore atletico, seguiva una dieta ferrea, ogni sera andava a letto presto. Tutte cose impensabili per Regazzoni che, se avesse vissuto così, sarebbe scivolato in una forma di depressione severa”.

Lanciata sul mercato dopo la metà del 1919, la Fiat 501 è innovativa per tanti motivi: è la prima auto totalmente inedita del primo dopoguerra e prodotta nel nuovissimo stabilimento del Lingotto, il frutto di una revisione strategica dell’impresa volta a realizzare modelli dai prezzi contenuti e il lancio commerciale della denominazione a tre cifre sempre introdotte dal “5” e poi seguite da altri due numeri, senza uno specifico significato meccanico o cronologico ma, probabilmente, derivato dal numero interno identificato dei vari progetti.

Una Opel Kadett SR 1.300 dal passato sportivo impreziosito dalla vittoria del Campionato Italiano Rally Femminile 1981 con l’equipaggio “rosa” formato da Micky Martinelli e Patrizia Zanetti. Tutta la sua grinta è stata ripristinata dallo stesso preparatore che l’aveva allestita all’epoca: Gino Carenini.

Negli anni ’90 si poteva “correre forte” perfino con delle giardinette. L’Audi RS2 e la Volvo 850 T5-R coniugavano il confort e la maniacale cura costruttiva dei due marchi con prestazioni e doti dinamiche da vere supercar. Hanno 100 CV di differenza ma le accomunano un nome (Porsche) e una cifra (il 5)…

La storia della M.M. è comune a quella di molti costruttori italiani anteguerra: breve ma molto intensa. Le sue motociclette sono ricordate ancora oggi per i loro successi sportivi, per le linee eleganti e per la qualità costruttiva fuori dal comune.

Entrato nel mondo dell’auto con le Lohner elettriche e ibride, Ferdinand Porsche maturò una sorprendente capacità progettuale in ogni campo, assumendo crescenti responsabilità tecniche all’Austro Daimler, DMG, Mercedes-Benz e Steyr, fino a fondare uno studio indipendente di progettazione e consulenza.

La Bultaco Sherpa fu uno dei modelli più fortunati della saga della Casa spagnola, una motocicletta rivoluzionaria, una delle prime a dare il via ad un fenomeno che cambiò per sempre il mondo del trial.

Gli Uffici Studi di Firenze hanno calato il Settebello! Con l’ETR.300 chiudiamo la trattazione dei primi trent’anni di “corrente continua” con le locomotive più leggere ma soprattutto con gli elettrotreni di questa serie: si passa ai collegamenti veloci che diverranno cardine del trasporto ferroviario italiano.

Un piccolo mostro per uscire dal fango che si chiama Luaz Volin 969. È stato costruito a Lutsk, in Ucraina, dal 1967 al 2003 ed è stato importato anche in Italia dallo specialista Martorelli, che lo equipaggia con il motore 1.100 della Ford Fiesta.