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ECCO I PRINCIPALI SERVIZI

Nel 1932 l’Alfa Romeo Tipo B irrompe nei Grand Prix con la novità della carrozzeria monoposto. Nei primi due anni vince tutto ma nel 1934 cambia il regolamento e si deve scontrare con le Mercedes e le Auto Union costruite per le nuove norme. Le Alfa rimarranno comunque le più vincenti e la loro carriera sportiva, seppur non ai massimi livelli, proseguirà fino al 1949.

La Tipo B debutta a Monza il 5 giugno 1932 nel Gran Premio d’Italia, il 18° del calendario AICR (Associazione Internazionale Automobil Club Riconosciuti) e il primo del Campionato Europeo. La Monoposto fa apparire obsolete le altre auto e l’ordine d’arrivo conferma la superiorità. Tazio Nuvolari inˌigge un giro di distacco a Luigi Fagioli, secondo sulla Maserati V5 di 5 litri con 16 cilindri su due file di otto e 330 CV. Il successivo G.P. del Campionato, il 3 luglio in Francia, conferma il superiore equilibrio della Tipo B con Nuvolari, “Baconin” Borzacchi e Rudolf Caracciola nei primi tre posti. Il trionfo si ripete il 17 luglio nella terza e ultima prova del Campionato, in Germania, con la differenza che Caracciola è primo, Nuvolari secondo e Borzacchini terzo. A questo punto Nuvolari è Campione e l’Alfa Romeo vince il Campionato Costruttori a corollario di una prima stagione fenomenale.

Il modello stabilisce dunque l’archetipo delle moderne monoposto: infatti il geniale progettista dell’Alfa Romeo Vittorio Jano è il primo che sfrutta il nuovo regolamento per realizzare un’auto da Grand Prix senza il sedile del passeggero, quindi più snella, che oppone meno resistenza all’aria ed è più leggera. Il peso di 700 kg permette un buon rapporto peso/potenza e una gran maneggevolezza. Il motore, che all’inizio eroga 215 CV, è il logico sviluppo dei Bialbero Alfa Romeo evoluti dal 6C 1500 all’8C 2300. Questa evoluzione mantiene la struttura bi-blocco dell’8C 2300 con gli ingranaggi della distribuzione al centro, l’albero motore in due pezzi per ridurre le sollecitazioni torsionali e il carter secco. La cilindrata sale a 2654 cc ma le differenze di rilievo, oltre l’ovvio adattamento al carburante alcolico ammesso nei G.P., sono le teste fisse, due compressori invece di uno, le valvole inclinate fra loro di 104° invece di 90°, gli scarichi a destra (la 8C 2300 li ha a sinistra) e le fusioni in lega superleggera di magnesio del blocco motore, dei freni e dei bracci delle sospensioni. Leggerezza a parte, l’autotelaio con gli assi rigidi, le balestre, gli ammortizzatori a frizione e i freni meccanici, segue i canoni correnti. La trasmissione invece è originalissima: un corto albero in uscita dal cambio porta il moto alla scatola del differenziale, che lo ripartisce su due alberi che si diramano a Y, ognuno dentro un tubo, e vanno a muovere ciascuno una ruota mediante coppie coniche. Jano immagina l’originale trasmissione per mettere il pilota più basso, migliorando il baricentro, e ha anche il vantaggio dei semiassi corti.

A cinquant’anni dal suo ritiro dalle corse, ecco la storia umana e sportiva del campione scozzese Jackie Stewart. Decise il suo ritiro nel 1973, senza pentirsene mai. Non lo fece quando la sua carriera era terminata, come capita a quasi tutti, no. Decise di appendere il casco al chiodo da campione del mondo, dopo tre titoli conquistati nel 1969, 1971 e 1973.

Il Motomondiale anni ’80 è caratterizzato dai piloti americani, come Kenny Roberts che con la Yamaha infila una tripletta dal 1978 al 1980, piegando la coriacea resistenza di Barry Sheene e Virginio Ferrari con le Suzuki. Tocca, però, proprio ai piloti italiani e alla Suzuki interrompere la serie con Marco Lucchinelli nel 1981 e Franco Uncini nel 1982. Poi, tra Freddy Spencer (Honda), Eddie Lawson e Wayne Rainey (Yamaha), Kevin Schwanz (Suzuki), solo l’australiano Wayne Gardner riesce a spuntarla nel 1987, mentre Steve Baker, John Kocinski e Randy Mamola, pur non iridati, fanno degnamente parte della premiata ditta a “stelle e strisce”.

La TRV Tuscan – nel suo “Absolute British Spirit” – negli anni Duemila è stata una delle auto che più hanno espresso quella filosofia integralista tutta britannica di offrire un’automobile “dura e pura”, esclusivamente dedicata alla guida divertente e sportiva. Senza filtri, intima e scorbutica come poche altre sue coetanee.

La Bianchi Freccia d’Oro Sport è la sportiva dei primati: snella e filante “motoleggera”, fu un modello molto importante per la Casa milanese, primeggiando nelle competizioni e nelle vendite grazie anche ad una campagna pubblicitaria all’avanguardia.

Prosegue il viaggio tra le eccellenze del motorismo con la tappa alla Modelleria Stola che, sin dagli anni ’20 del Novecento, si distingue e si afferma nella realizzazione di “master model” per carrozzerie ma anche con modelli di fonderia di motori. Nel 2005, con la nascita di Studiotorino, si affianca anche la costruzione di fuoriserie e “one-off”.

Compie cento anni una particolare Aurea 400 Torpedo dalla vita documentata in modo incredibile: il telaio, uscito dalla fabbrica torinese, andò subito in Inghilterra per poi ripartire per l’Australia, dove rimase fino al 2001; poi ancora un passaggio in Inghilterra ed infine, nel 2003, il ritorno in Italia per ritrovare il suo splendore d’origine.

La storia Lancia non ci parla solo di eccellenze in ambito automobilistico: lo spirito di innovazione che ha sempre contraddistinto la progettazione del Marchio è stato di primaria importanza anche nel settore dei mezzi pesanti, con evoluzione costante e soluzioni tecniche inedite.

La trazione elettrica in corrente continua in campo ferroviario taglia il traguardo dei trent’anni e l’Italia è stata una delle pioniere del settore. Le Ferrovie dello Stato, visti i limiti del sistema trifase utilizzato già all’alba del ‘900, iniziano nella seconda metà degli anni ‘20 a sperimentare la trazione in corrente continua ad alta tensione a 3 kV sulla linea Foggia-Benevento.